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La straordinaria scoperta presso il Museo Leone di Vercelli di un Breviario-Messale iemale proveniente da Salerno e databile agli anni dell’arcivescovo Romualdo II Guarna (1153-1181) ha individuato il più antico testimone noto della liturgia cittadina, che trasmette ricche e preziosissime informazioni sotto molteplici punti di vista e che si affianca al gruppo dei codici conservati presso il Museo Diocesano “San Matteo”. Il manoscritto per la prima volta è qui illustrato attraverso le sue pagine più significative eed è indagato attraverso nuove e mirate ricerche, i cui risultati dimostrano il ruolo prominente del Breviario-Messale non solo per la città campana, ma anche per l’intera complessa tradizione codicologica, liturgica, musicale, artistica e culturale del Medioevo italomeridionale ed europeo.
Sette le note e sette sono i capitoli che propongono altrettanti momenti della vita musicale di Ferrara. Vi compaiono viaggiatori stranieri (Burney, Stendhal, Dickens), un generale francese (Miollis), i cigni di Pesaro e di Busseto (Rossini e Verdi), sconosciuti musicanti e maestri di banda (Neri, Nenci), musicisti del Teatro (Pasini), infine un filologo di Tasso e di Ariosto appassionato d’Opera (Caretti). La cornice è quella della città di pianura, nella quale - fino a qualche tempo fa - il melodramma, il canto, la banda accompagnavano la vita quotidiana: il sindaco, l’avvocato e il fornaio si chiamavano Radames, il sindacalista Otello, il cantante Alfio, la bibliotecaria Violetta e in piazza o per strada si potevano incontrare Aida e Amneris, Desdemona con Parisina, Lola Fedora e Wally...
La descrizione completa e dettagliata di tutto il materiale pergamenaceo (manoscritti, frammenti, documenti), congiunta allo studio delle testimonianze archivistiche e delle fonti indirette, ha rappresentato un punto di partenza in grado di stimolare nuovi interrogativi e riflessioni e pertanto un’occasione imprescindibile per ricostruire la fisionomia del corpus dei codici decorati legati all’Abbazia di Montevergine, giungendo a proporre nuove acquisizioni critiche. Ne emerge un quadro stimolante che vede l’abbazia verginiana e le sue fondazioni – principalmente il Santissimo Salvatore del Goleto – pienamente inserite nelle dinamiche culturali che contraddistinsero il Meridione fra l’età normanna e sveva, ripercorribili proprio attraverso le immagini.